Tifosi fagolosi, un crimine imprigionarli?

leonardogiacomelli01

Continua la mia personalissima ricerca nei meandri della rete per mettere in guardia voi, miei cari lettori, dell’ improvviso pericolo che ci sta sopraggiungendo. E non sto parlando di Abes Eraluceps, molto peggio. Soprattutto nei pressi di Reggio Emilia e nelle maggiori città ove il basket  è più diffuso, sono state riscontrate tracce di persone, la maggior parte tifosi, che si fanno definire FAGOLOSI. Grandi studi teologici sono stati fatti sulla nomenclatura e sul perchè queste persone (evidentemente disturbate) hanno scelto questo nome che riporta ai grissin bon, attualmente sponsor della squadra. La sopracitata azienda produce tra i suoi famosissimi e gustosi prodotti, dei grissini chiamati appunto, fagolosi. Forse tutto questo rimanda all’ aggettivo favolosi, anche se, alla luce

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Curry Prova

È -forse- il miglior tiratore di sempre; è -sicuramente- uno dei più grandi spettacoli mobili che gira per gli USA.  Può dire la sua addirittura per il titolo? È solamente un One Man Show o può diventare decisivo anche ai massimi livelli?

Etimologia del tiratore.
Se ci si premura di cercare il termine “Curry” sul web l’enciclopedia Treccani decanta: Condimento, originario dell’Asia tropicale e composto di varie polveri vegetali aromatiche e piccanti (curcuma, zenzero, cardamomo ecc.); è usato soprattutto nella cucina indiana.
Se -però- vogliamo spostarci nella lirica sportiva necessitiamo di colmare questo vuoto con: Cestista statunitense, professionista nella NBA militante nei Golden State Warriors. Ha giocato per i Wildcats da Davidson college.
Ed -ironicamente- Curry come giocatore rispecchia ciò che significa il suo nome; anch’egli è una zuppa -“cari” in Tamil, lingua da cui nasce l’etimologia della spezia- una miscela di assist fantascientifici, palle perse in quantità ed una valanga di conclusioni incredibili non solamente al di là della linea da 3.

Numerologia del tiratore.
30-28.6-54-272-43.8
Una sequenza non da giocare al lotto e men che meno casuale; la metamorfosi di Steph passa per queste cifre.
Il 30 è il numero dei Curry. Lo indossava papà Dell a suo tempo quando preferì la NBA alla MLB, lo ha indossato Steph a Davidson, lo indossa ora a GSW e lo stesso ha fatto Seth -fratello di Stephen- nella ben più nobile Duke, uno dei college USA con il sangue blu.

28.6 sono i punti di media tenuti dal 30 nella stagione 2008-09; annata in cui si è laureato miglior realizzatore del campionato NCAA, completando la sua redenzione da giocatore troppo lento ed esile a futuro prospetto NBA.

54 punti non sono semplicemente il career-high di Stephen; ma sono il suo trampolino di lancio. I 54 al Garden sono la quinta miglior prestazione di sempre per un ospite al MSQ ma nessuno aveva mai tirato 10+ triple mantenendo l’85% dal campo.
La partita ad un certo punto acquisisce i contorni di 1 VS 5, Curry prende palla, sfrutta i vari blocchi e segna da distanze siderali, i Knicks attaccano ed il circolo continua.
La superba performance non sarà però sufficiente per la vittoria dei Warriors; ma Curry è ormai una stella affermata della NBA.

Musica e Parole di #SC30

272 sono le triple messe a segno da Curry nella medesima stagione; record all-time della NBA. Ma la cosa più impressionante è la percentuale mantenuta dal 30 nel mentre di tutta la stagione: 45%.
Solamente Glen Rice riuscì a concludere con almeno 200 canestri da dietro la linea dei 7,25m ed una percentuale migliore; ma il giocatore degli Hornets terminò la stagione con solamente 207 triple messe a segno, addirittura il 24% meno di quelle segnate da Stephen.

43.8 è -invece- la percentuale mantenuta in carriera da Wardell, terzo all-time dopo Seve Kerr e Hubert Davis, ma i due tentavano -in media- meno della metà delle conclusioni da tre del #30 il che lo rende, insieme alla capacità di crearsi il tiro dal palleggio, il miglior tiratore che abbia mai visto la seconda persona più importante al mondo (secondo Forbes).

I’m from Akron; Ohio.
Così parlò di sé LeBron al termine delle Finals 2013.
Lo stesso potrebbe fare Wardell Stephen Curry II, il I era il padre; nato ad Akron il 14 Marzo millenovecentoottantotto mentre Thurl Bailey ne metteva 41 -oltretutto suo eterno numero di maglia- in quel di Denver. L’infanzia del ragazzo non è minimamente paragonabile a quella della maggior parte dei fenomeni della NBA; Curry è un ragazzo che cresce nel lusso di essere il figlio di un milionario, non è un Allen Iverson o un Rasheed Wallace anzi, è il classico figlio di papà che riceve un’educazione cristiana e gioca a golf!
Tanto che a 12 anni Stephen partecipa già ad un riscaldamento NBA!
Certo; papà Dell gioca ai Raptors ed il figlioletto è solito accompagnarlo alle partite nei fine settimana -poiché mamma Sonya  pone la scuola davanti all’aspirazione sportiva- ed è consuetudine che ne emuli i gesti tirando a canestro.
Parallelamente Curry gioca per la Charlotte Christian High School dove è solito concludere -racconta Chris Ballard in un interessantissimo pezzo che cerca di comprendere se Steph sia o no il G.O.A.T. nell’arte del tiro- ad altezza nuca; in pratica come Shawn Marion!

Curry tira ancora in questa maniera quando la distanza è eccessiva!

Curry mantiene discrete cifre eppure è sin troppo stoppable. Già all’epoca la gracilità e la modesta elevazione erano deficit evidenti nel gioco del ragazzo il quale nell’estate fra il secondo ed il terzo anno di High School viene costretto dal padre ad utilizzare una tecnica di tiro più “tradizionale”.
Nella passata stagione Steph ha subito 52 stoppate a fronte di 1388 conclusioni, stesso numero di KD il quale ha concluso a canestro 45 volte in più ma è alto 206 centimetri ed ha una wingspan innaturale!

Al termine delle superiori Curry ha fissato il recordi di punti e triple fatte per i Knights; deve decidere quale college frequentare.
Virgina Tech è il sogno per proseguire la tradizione di famiglia -il padre e la madre (pallavolista) si sono conosciuti proprio al college- ma gli Hokies propongono al giovane solamente un posto come walk-on. In pratica Wardell è costretto a pagarsi la retta e verrebbe trattato come “tappabuchi” in caso di infortuni; il ragazzo declina la generosa offerta. Solamente pochi mesi dopo, il 15 Aprile, al campus di Virgina Tech, Seung-Hui Cho -senior- apre il fuoco e ammazza 32 persone più vari feriti; è una delle più grandi tragedie statunitensi di sempre in cui è coinvolta un’arma da fuoco.

A questo punto rimangono solamente Davidson College, Virginia Commonwealth e Winthrop disposte ad accogliere la giovane promessa nel proprio roster.
Wardell opta per Davidson, college privato istituito nel 1837 il quale conta  -personale compreso- poco più di 2000 anime.
L’ambiente di Davidson è talmente surreale che i freshman -studenti al primo anno- sono obbligati a firmare un codice d’onore

“On my honor i have neither given nor received unauthorized information regarding this work, I have followed and will continue to observe all regulations regarding it, And i am unaware of any violation of the honor code by others.”

Prima che il ragazzo abbia giocato un singolo minuto nella Division I Bob McKillop, allenatore di Davidson e prototipo del padre di famiglia americano di mezza età, davanti alla studentesca professa le seguenti parole <<Aspettate di vedere Steph Curry. È qualcosa di speciale. >> avrà ragione.
Il ragazzo già alla seconda partità ne mette 32 contro Michigan e concluderà la stagione come secondo miglior freshman della nazione per PPG, alle spalle del 35 di Texas Longhorns, tale Kevin Wayne Durant.
Ma nonostante una prestazione da 30 punti -leggasi fato- ed un ovazione del pubblico al termine anticipato della partita per raggiungimento di 5 falli, Maryland interrompe la corsa dei Wildcats che per l’ennesima volta vedono sfuggire il superamento del primo turno NCAA.
L’anno successivo Davidson -ed il numero 30- sono realtà conosciute anche al di fuori della North Carolina ma la stagione non è che un crescendo di hype e prestazione straordinarie. Il 13 febbraio 2008 i Wildcats recuperano 20 punti a UNC-Greensboro nella seconda metà dell’incontro  complici i 41 del playmaker che al termine dell’annata sarà, con 931 punti, il giocatore più prolifico dell’intera NCAA.
Al termine della stagione Davidson avrà un record di 26–6 (20-0 nella propria conference) che significherà 10cimo miglior seed della nazione.
Il 21 marzo i Wildcats affrontano Gonzaga che vanta il settimo miglior seed. Ma l’upset è dietro l’angolo con Steph che ne segna 30 nella seconda metà -saranno 40 totali con 8/10 da tre- e Davidson che supera il primo turno del torneo NCAA dal 1969.

Successivamente i Wildcats elimineranno Georgetown (secondo seed) e Wisconsin (terzo) con rispettivamente 30 e 33 punti di Curry. Ma alle final-eight i Jayhawks riescono ad arrestare la corsa delle linci nonostante i venticinque punti di Wardell. Nella stagione successiva i Wildcats non riescono a ripetersi, perdono in semifinale della Southern Conference e non ricevendo nessun invito sono automaticamente estromessi dal torneo NCAA. Al termine dell’anno -in cui Curry sarà il miglior realizzatore NCCA per PPG- il ragazzo annuncia di non voler tornare al college per il suo anno da Senior rendendosi così eleggibile per il draft 2009.

Immagine random di Curry che tira. Non ci sta mai male!

Welcome to the NBA
Nuovamente sovviene il problema del fisico. Se era troppo gracile per giocare nella NCAA come può sperare di dominare in NBA?
Ironicamente la prima scelta del draft 2009 è Blake Griffin; uno che per quanto riguarda l’atletismo può spiegarla a molti. Alla 5 viene scelto Ricky Rubio, fisico di Kerr-iana memoria, e nuovo enfant-prodige della roja.
Con la numero 7 scelgono i Golden State Warriors. L’addio del barone Davis non è stato neancora digerito e la scoietà decide che Ellis PG -scelta caldeggiata dallo stesso giocatore- non è praticabile. Ed è così che i Dubs selezionano l’ex-giocatore di Davidson preferendolo all’altra PG sottodimensionata Jennings che scivolerà alla 10.
Il resto è storia dei giorni nostri, dopo stagioni negative -frutto anche degli infortuni del 30- i Warriors lo scorso anno sono tornati ai Play-off; hanno superato il primo turno per la seconda volta negli ultimi sedici anni ed hanno ottenuto lo status-symbol di nuovi Thunder come squadra eccitante e giovane.

Pure Shooter or no?

Basta no?

Pure Shooter or no-bis
Un giocatore che la passa così è obbiettivamente un ottimo passatore; oltretutto quest’anno Curry è il sesto giocatore che da più assist a serata di tutta la NBA -e sale al terzo posto se si utilizzano gli standard della lega- anche se obbiettivamente e anche il giocatore che perde più palloni di media (3.8 TO).
Eppure la cosa che colpisce più di tutte e come Steph riesca a segnare 23.2 punti ad allacciata di scarpe a connubio della grande mole di assist che sforna.
Premettendo che si tratta di numeri per partita passiamo all’analisi numerica -ovviamente i numeri sono fallibili ma rendono un’ottima idea-  del gioco di Steph.
Osservando le cifre di SportsVu emerge che Curry la passa poco (54) ma la passa bene, per fare un confronto con Chris Paul il secondo realizza 2.3 assist in più di media ma passa il pallone 71.2 volte, in pratica in questo senso Curry è ancora più efficace di Cp3! Di contro Steph perde moltissimi palloni ed è solamente decimo nella graduatoria degli Hockey-pass (passaggi che portano ad un secondo passaggio che si converte in assist) con 1.7, cifre ottime che però lo lasciano fuori dal podio soprattutto per la tipologia di squadra che sono i Warriors difatti la squadra raramente cerca l’extra-pass soprattutto perché Klay Thompson è talmente bravo in situazioni di Catch and Shoot che passare nuovamente la palla non farebbe altro che alzare il coefficiente di difficoltà del tiro!

Fra i giocatori che tentano tiri dal palleggio Curry è il miglior della lega con un EFG di 51.9% meglio di Durant&Co.
Curiosamente Curry tira solamente con il 37.5% da tre nella suddetta situazione ma concilia il tutto con un ottimo 46.5% da tre in situazioni di Catch and Shoot.
In sintesi fra i giocatori che giocano minimo 36 minuti -il cosiddetto minutaggio da star- SC è il quarto miglior tiratore effettivo con 54.8%, dietro solamente a LeBron James, l’onnipresente Kevin Durant e sorpresa… Trevor Ariza! Secondo con un fantascientifico 57.2%!

In conclusione Curry è veramente uno spettacolo itinerante che però riesce a sommare efficienza e vezzi personali come passaggi dietro la schiena e triple in transizione. Curry ad oggi è già una superstar NBA; sia per l’apporto mediatico che ha acquistato nell’ultimo anno sia per le cifre efficientissime che riesce a produrre sul parquet. Difficilmente riuscirà a vincere un titolo da primo violino soprattutto perché è tradizione che un giocatore per quanto talentuoso se non ha i cm giusti non può dominare una lega costituita per lo più da super-uomini.
A noi non resta che goderci le sue gesta spettacolari e sperare che entri #OnFire… a quel punto non ci sono centimetri che tengano!

191 cm Vs 206!

L’Ultimo Tiro

20 Pari dopo che L ha segnato il diciannovesimo ed il ventesimo punto del match, tutti sanno dove andrà la sfera arancione, L la ferma un millesimo di secondo, l’accarezza, le parla, la seduce, tira e vittoria per la sua squadra, L è finalmente LG.

Giannis “The Greek Freak” Antetokounmpo

Giannis Antetokounmpo, Next KD?

Un nome tanto lungo quanto complesso-su Twitter ha dovuto omettere addirittura lo spazio per rientrare nei caratteri massimi- per duecentootto centimetri di altezza per 238 di Wingspan.
Il prodotto di tale equazione è, ovviamente, un ragazzo greco che passa le giornate fra giochi virali per smartphone, assaggio di vari smoothie -frullati made in USA- e minuti in NBA.
Giannis Antetokounmpo

La ricetta magica per diventare duemilliardiventordicimila centimetri

Ad oggi il greco, di origini nigeriane, è più un fenomeno mediatico che non affermato titolare NBA.
Eppure cercando di calcolarne le potenzialità a lungo termine, operazione ovviamente con margini di errore quantomeno mastodontici, ci si trova davanti ad un vero e proprio gigante capace di attaccare il ferro, concludere da oltre il perimetro e difendere su minimo tre ruoli.
Se si ipotizzasse un best-case scenario per il numero 34 si sarebbe obbligati a tirare in causa KD.
Durant ha lo stesso fisico longilineo ed apparentemente fantascientifico di Antetokounmpo eppure già al primo anno registrava cifre, in proiezioni sui 36 minuti, di 21 punti per partita mentre il greco si limita ad 11 punti.

Giannis è però un talento totalmente inespresso, non ha frequentato il College ed è alla prima esperienza con il basket oltreoceano dopo essersi limitato a giocare nella serie B Greca.
In pratica il gigante di Milwaukee è stato strappato da una serie di livello discutibile per poi essere trapiantato nell’elité del mondo cestistico ed una delle leghe più opprimenti del globo dal punto di vista mediatico.

Agli Europei Under-20 del 2013 Giannis partecipa con la casacca ellenica, si presenta come un ottimo all-around e fra le vere perle della manifestazione, dominata dal nostrano Amedeo Della Valle, realizza una-inutile a onor del vero- tripla da dieci metri.

In un Draft povero e poco profondo i Milwaukee Bucks-non proprio il sogno Statunitense dei ragazzi cresciuti sognando Los Angeles e New York- selezionano con la quindicesima scelta Antetokounmbo il quale precipitevolissimevolmente inizia a diventare un personaggio celebre. Vuoi per la nuova sfida di pronunciarene il nome- che riporta ai vari supercalifragilistichespiralidoso di infanzia- vuoi perché il ragazzo oltre a centimetri ha carisma.

Dopo un periodo di assestamento il diciannovenne ha iniziato a giocare, facendolo pure in maniera discreta, non certo una cosa scontata quando la tua squadra lotta per perdere ogni partita.
Ad oggi si tratta di 46 partite disputate e 21 inizate dalla palla a due, condite-di media- da 7 punti, 4.5 rimbalzi e 1.7 assist.
Le cifre di per se non possono essere considerate esaltanti nemmeno per un neofita nella pallacanestro a stelle e strisce come Antetokounmpo eppure il diciannovenne ha dato di che sperare con due doppie doppie e singole giocate che lasciano trapelare una quatità industriale di talento.

Fra un accostamento con Erving ed uno con KD, Giannis nelle ultime gare sta subendo una minima involuzione per quanto riguarda le cifre, un fatto non ancora rilevante per un giocatore così immaturo ma che ne ha ridotto il minutaggio e che lo ha estromesso dal quintetto titolare limitandolo alla rotazione della second unit.

Finger Roll | Tutorial per principianti | Tiene la lezione il professor Giannis Antetokounmpo.

Antetokounmpo sul campo si presenta come un giocatore il cui miglior pregio è sicuramente l’atletismo, un giocatore di quelle dimensioni che si muove in quel modo è già di per sè un ottimo diamante grezzo su cui lavorare, se poi vi si appoggia un discreto ballhandling leogay troll

Harden, una barba per un uomo

La NBA è, ad oggi, la lega che incarna nel migliore dei modi il concetto di entertainment league. Sviluppata secondo le idee teorizzate dall'avvocato David Stern, la lega dell'intrattenimento si pone gli obbiettivi di divertire il pubblico mantenendo un impronta professionistica e competitiva. Oltre alle varie regole create ad-hoc, come i tre secondi in area o la negligenza sui passi, la NBA tenta di sfruttare i vari frontman che ne calcano i parquet rendendoli uomini copertina e testimonial del prodotto che la National Basketball Association fornisce.

Nel novero dei giocatori copertina rientra sicuramente James Harden Jr. Nell'ultimo quinquennio, grazie alla militanza negli esuberanti Thunder ed alla folta barba, Harden ha saputo presentarsi come vero e proprio giocatore di culto ai fan di tutto il mondo, unendo alle proprie qualità cestistiche un vero e proprio status di personaggio globale. In un intervista, condotta con il comico Pete Holmes, Harden ha dichiarato che un eventuale fallimento nel basket lo avrebbe condotto ad una carriera da cantante rinunciando a quella di profeta, sicuramente nelle corde del cestista come dimostra la folta peluria. Ed è proprio questo lato comico a rendere Harden un personaggio vincente, questa continua voglia di mettersi in gioco e di prendersi in giro come racconta per l'ennesima volta uno spettacoloso spot foot locker dove James mette in mostra il suo personalissimo concetto di "vero talento" davanti ad un attonito Stephen Curry.

Come si diventa Barba?

L'infanzia dello statunitense verte tutta sulle spalle di Monja Willis, la madre di Harden. Difatti il padre, omonimo di James, dopo un onorata carriera nella marina militare perderà la bussola, alternando alcool ad occasionali reclusioni in cella, creando così l'imbarazzo nel cestista che ancora oggi rifiuta di inserire l'appellativo Junior di fianco al suo nome. Harden nasce a Los Angeles ed è sin da tenera età uno sfegatato tifoso di UCLA, college-team dove milita il suo idolo Jason Kapono, terrificante tiratore da dietro l'arco dei sei e settantacinque e futuro giocatore NBA. James vive la propria adoloscenza al Rancho Dominguez di Los Angeles, dove si dimostra un ottimo atleta, seguendo la falsariga del fratellastro Akili Roberson Quarterback per Kansas nel 1997. Vi è però la seria e concreta possibilità che la carriera sportiva del ragazzo non abbia nemmeno un inizio, in quanto il californiano soffre di asma, inconciliabile con i suoi impegni sul campo da gioco.

Nonostante non sia certo il luogo più malfamato di Los Angeles il Rancho Dominguez è comunque noto per essere una fucina di ladri, futuro che Monja, nel frattempo diventata impiegata dell'AT&T, cerca di evitare per i propri figli, spedendo James all'Artesia High School di Lakewood, a circa quindici minuti di Bus dalla residenza Harden. Giunto alla High School James scopre che si tratta della stessa scuola frequentata da Kapone, nel frattempo un altro mancino sta dominando le finali NBA con i San Antonio Spurs. Manu Ginobili.

Harden riesce a controllare i propri problemi respiratori e domina letteralmente durante gli anni alla High School, vincendo per due volte il titolo statale e mostrando un QI cestistico già comparabile a quello di alcuni giocatori NBA. Nel 2007 giunge la chiamata da Arizona State, la prima stagione è a dir poco deludente per la squadra, la quale rimane fuori dal torneo NCAA nonostante il #13 termini il primo anno con 19 punti e 2 rubate a partita ed un ottimo 40% da tre. La stagione 2008/2009 vede Arizona State arrivare al torneo NCAA ma uscire al secondo turno contro Syracuse. Harden continua a migliorare le proprie statistiche al netto di un leggero calo nelle percentuali al tiro.

Celebre l'anedotto che racconta come all'epoca delle scuole Harden vedesse nel nostrano Daniel Hackett un vero e proprio rivale, la parte più curiosa è data dal fatto che l'italiano nei primi anni della formazione fosse solito battere lo statunitense nei confronti diretti resi frequenti dalla residenza in Arizona di ambedue i cestisti. Al termine dell'anno da sophomore al college Harden è ormai pronto per la NBA, e dopo un colloquio a detta di Sam Presti stupefacente viene selezionato con la terza scelta assoluta dai neonati Oklahoma City Thunder. La presa di OKC è tanto sorprendete quanto osceno l'abito indossato dal Californiano per l'occasione, eppure si rivelerà decisiva per le sorti future della franchigia.


 Ma come ti vesti?

I primi due anni per il barba sono di ambientamento, si limita ad essere un accettabile sesto uomo, senza strafare. Ma è nella stagione 2011-2012 che la favola Oklahoma acquisisce i contorni di una solida realtà. Statistiche avanzate alla mano James è il tiratore più efficiente della lega ed al termine dell'anno viene eletto NBA Sixth Man of the Year, nonostante un periodo di stop causato dalla mente turbata di Metta World Peace; al secolo Ron Artest, il quale ritenne opportuno celebrare una schiacciata in transizione in questo modo.

Ma è ai play-off che Harden si impone come vero e proprio Top-Player della lega americana. Nelle finali di conference da vita ad un duello strepitoso contro Manu Ginobili, storico sesto uomo degli Spurs nonché idolo del barba ai tempi della High School. Entrambi caracollanti e mancini, QI infinito, tendenti al flopping, maledettamente eccitanti nelle loro giocate e con un innato doppio filo che li lega ai momenti della partita. Sanno sempre cosa fare e quando farlo.

Il culone e la barba di Harden sono ormai un must per la NBA, che si è ormai abituata alle sensazionali e decisive giocate della rivelazione della stagione, fondamentale per le prime Finals nella giovanissima storia dei Thunder. OKC perderà le finali contro Miami complice il calo di rendimento del proprio X-Factor, ma ormai la nomea del #13 ha raggiunto vette esplorate da pochi. Durante l'estate James riesce comunque a portare a casa la medaglia d'oro delle Olimpiadi di Londra, pur giocando una miseria di minuti a causa di un infortunio. Un infortunio occorso in discoteca mentre faceva serata nel mentre della più importante manifestazione sportiva del globo. Giocatore di culto. Amen.

La crescente popolarità di Harden mal si sposa con il minutaggio da seconda linea che ha tenuto negli ultimi anni. Vuole essere centro di un progetto e soprattutto ottenere un compenso da primo violino. Sam Presti si trova dunque dinanzi ad un bivio, privare la squadra del suo uomo in più  o perdere ogni qualsivoglia tipo di gioco interno cedendo Ibaka?
Nonostante i numerosi tentativi Harden rifiuta ogni proposta di contratto ed al termine dell'estate 2012 Oklahoma è costretta a salutare il suo "Barba" che a malincuore si trasferisce a Houston firmando un quinquiennale da $80 milioni. Oklahoma si vede così privata del suo anello di congiunzione fra lo stile leggiadro di Kevin Durant e quello "rozzo" ed energico di Westbrook, tanto scattoso quanto inaffidabile in fase di playmaking nei momenti decisivi della partita, situazioni che quindi vedevano il barba nella situazione di portatore di palla.

Nella stagione successiva Harden compie la metamorfosi da sesto uomo di lusso a stella Nba, abbandonando quindi l'etichetta di role player. Viene eletto per la prima volta All-Star e guida Houston ai play-off dove incontra e viene eliminato dalla "sua" Oklahoma giunta alla post-season con il miglior record a Ovest seppur orfana del barba. Concluderà la stagione con 25.9 Punti per partita e 5.8 assist per partita e 4.8 rimbalzi per partita; dimostrandosi un All-round Player di livello eccelso.

Numeri da primo della classe

Ad oggi Harden è probabilmente il miglior giocatore nello spot di guardia di tutta la NBA. Guadagna una quantita esorbitante di liberi 8.9 a partita ed è terzo in graduatoria dietro al mostruoso Kevin Durant ed a Dwight Howard, spesso protagonista del celeberrimo hack-a-dwight. Secondo SinergySports più della metà delle conclusioni di Harden derivano da P&R in cui conduce il pallone o da Isolation, in entrambi i casi il barba si rivela ottimo attaccante e si trova cinquantesimo e trentesimo nelle rispettive classifiche per punto per possesso.
Esorbitante è il rapporto fra transizioni e tiri liberi conquistati dal californiano, il 60% dei contropiedi del #13 terminano con un viaggio in lunetta e nella stagione corrente Harden ha già segnato con fallo dieci volte nella sopracitata situazione di gioco.

Difensivamente l'Harden post-OKC ha subito una netta ed evidente involuzione, una difesa prima arcigna e fisica e ormai diventata poco più che sufficiente in situazioni di P&R ed assolutamente deficitaria in situazioni di isolamento dove Harden concete 1.1 PPP al diretto avversario, un'infinità per un giocatore del calibro del barba, l'ottima difesa in post-up che lo colloca undicesimo nella speciale graduatoria è dovuta alla fisicità del giocatore di Houston, eppure questa statistica non risolleva la situazione difensiva in quanto si tratta di un bacino di informazioni sin troppo piccolo in quanto la posizione di guardia e raramente esposta a queste conclusioni.

Ci troviamo, quindi, di fronte ad un perfetto esemplare di uomo copertina, uno straordinario attaccante che forse necessiterebbe di stimoli che McHale non sa fornire per ritornare a difendere come faceva ai tempi di OKC. Fuori dal campo l'immagine di Harden appare a dir poco complessa e maliziosamente potremmo dire costruita a tavolino. Adepto della bella vita, alterna interviste in cui ha meno vitalità dell'amico Durant a voci che scappano dalla stampa in cui si racconta delle sue scappatelle nei locali di mezzi USA. Protagonista di molteplici spot ironici ha dichiarato che si separerebbe dalla sua barba solamente in caso di un offerta a scopo benefico. Giullare degli spogliatoi di Oklahoma City prima e di Houston poi si è dimostrato anche un discreto trash-talker sul parquet, andando a pizzicare palati fini come quelli di Kobe Bryant e Ray Allen. Ammette di essere un tifoso sfegatato dei 49ers, ma per noi è solamente un uomo di culto da venerare ed amare.

Da grandi barbe derivano grandi responsabilità.
Fear The Beard.